di GIORDANO BRUNO
Vi racconto una bellissima storia.
Vi racconto una bellissima storia.
Il 23 gennaio 2011 è andato in scena per la prima volta in forma di monologo l'unica commedia scritta per mano di Giordano Bruno ovvero CANDELAIO, con un adattamento inedito firmato da me e dalla dramaturg PAOLA TRAVERSO. Da quel giorno fino ad oggi c'è stato uno studio ininterrotto di due anni e mezzo sul testo, sui personaggi, sul linguaggio straordinario dell'opera e più profondamente sulla storia della lingua italiana e sulla nascita della commedia popolare. E adesso la storia...
Si narra che nel lontano medioevo alcune donne usassero dipingersi il corpo tutto di rosso per raffigurare dei diavoli al fine di spaventare e deridere i preti del paese, erano le prime "comiche" della nostra storia e vennero sepolte fuori dalle cinta muraria della città perchè considerate "eretiche".
Si narra che nel lontano medioevo alcune donne usassero dipingersi il corpo tutto di rosso per raffigurare dei diavoli al fine di spaventare e deridere i preti del paese, erano le prime "comiche" della nostra storia e vennero sepolte fuori dalle cinta muraria della città perchè considerate "eretiche".
Le prime donne comiche furono e rimasero sepolte per molti anni da quel giorno ma poi venne alla luce il genio comico di Carlo Goldoni. Lui scrisse così nelle sue Memorie....."E’ uso inveterato tra i comici italiani, che le servette diano ogni anno e in più volte rappresentazioni che si chiamano - trasformazioni - come Lo Spirito folletto, la Serva incantatrice, e altre di simil genere, nelle quali comparendo l’attrice in differenti forme, muta spesso abiti, rappresenta diversi personaggi e parla varie lingue."Oggi quest’evento si chiamerebbe casting, oppure il provino di fine corso di recitazione. Era un provino sotto forma di spettacolo, oserei dire addirittura un "One Woman Show"!
Goldoni continua e scrive: "Fra quaranta o cinquanta servette che potrei nominare, non ve n’erano che due che fossero tollerabili. I loro caratteri comparivano troppo artificiali, caricate le maniere, i linguaggi balbettati, difettosa l’illusione; laddove, affinché una donna sostenga piacevolmente tutte queste metamorfosi, sarebbe necessario che - realmente - avesse in sé stessa quella grazia che si finge nella rappresentazione. La bella fiorentina moriva di voglia di far mostra del suo visetto sotto differenti abbigliamenti. Corressi la sua follia e procurai nel tempo stesso di accontentarla. Ideai una commedia nella quale, senza variar linguaggio e vestiario, potè rappresentare molti personaggi, cosa non molto difficile per una donna, e molto meno poi per una donna di spirito. Questa rappresentazione aveva per titolo La donna di garbo."
Credo che senza saperlo ci siamo ricollegate a questa tradizione della commedia popolare e della riforma goldoniana per trovare il coraggio necessario per fare di un’opera imponente come il Candelaio un adattamento per una sola voce monologante.
Il riferimento a Carlo Goldoni non è un vezzo ma ci serve perché ci risulta interessante fermare per un attimo l’attenzione sul fatto che anche la natura delle commedie goldoniane e’ sempre di ribellione e rivolta, da parte di un popolo affamato ma vitale, tenace e spesso popolato di donne. Come dire che donne e rivolta del popolo sono sempre andati d’accordo come vediamo anche adesso ai nostri giorni con la primavera araba.
Le Massere, Le donne pettegole, le donne curiose, Le donne volubili, La donna di governo, le donne di buon umore, La bella selvaggia, La donna peruviana, La donna dalmatina, La bella giorgiana, La sposa persiana…
In questo forse Goldoni si connette direttamente con la natura della commedia medioevale popolare che aveva come protagoniste queste comiche dai corpi dipinti di rosso, e si connette certamente con la commedia del Bruno dove la donna è complice del pittore artista Giaon Bernardo nel disvelare la verità, una donna che "intricha e strica impiaga e sana conforta e riconforta"!
Giordano Bruno viene annoverato come uno dei precursori del Goldoni, entrambi partono dal basso e non escludono la voce del popolo, del popolo femminile in primis. Il Candelaio è un‘opera popolata di donne, prostitute, ruffiane, popolane, amanti, mogli, fanciulle e non ci stupisce che vi si trovi il bellissimo personaggio di Vittoria, una cortigiana che mentre attende i suoi amanti sulla soglia del portone di casa, canta e pensa, pensa e canta e i suoi pensieri ovviamente sono nutriti dalla ….nova filosofia di Giordano Bruno, per niente imbarazzato a far pronunciare da una prostituta, i suoi concetti più rivoluzionari.
Detto questo vi vorrei raccontare brevemente il rapporto con i personaggi del Candelaio e dire prima di tutto sono personaggi delineati e definiti proprio dal linguaggio, è attraverso i numerosi proverbi popolari di Vittoria che questa bellissima cortigiana prende vita, così come Manfurio che non esisterebbe senza il suo irresistibile latino “napoletano” o "maccheronico" reinventato dal Bruno, il linguaggio “baro” della magia del falso mago Scaramurè contro quello schietto e autentico di Gioan Bernardo il pittore, la carnalità del suono siciliano di Carubina e la furbizia veloce e scaltra del toscano di Lucia. Non è un caso che il primo studio che io e Paola abbiamo realizzato sulla commedia si chiamasse studio vocale perché siamo partite proprio dal linguaggio e dai numerosi accenti dialettali presenti nella sua scrittura, una scrittura che disegna in modo diverso ogni protagonista dell’opera, un linguaggio straordinario che segue volentieri una grammatica schiettamente arcaica e popolare, che mantiene la vivacità della lingua italiana, come scrive lo Spampanato nella sua introduzione alla commedia. Una lingua che per manifestare il suo pensiero lo faceva nella forma che riteneva più adatta, senza curarsi che la grammatica di giorno in giorno variasse, si modificasse, diventasse più semplice o più ardita, mutasse nel tempo della scrittura dell’opera, opera scritta di getto, presumibilmente in sole due settimane a Parigi.
Gli uomini, ammonisce il Bruno, negli Eroici Furori, “non denno in cose leggeri e vane spendere il tempo, la cui velocità è infinita…E tra tanto quello attende a desciferar scritture, quell’altro garrisce se il nome fu prima o il verbo, l’altro vuol rinovare gli vocaboli obsoleti, l’altro sta sulla falsa e vera ortografia altri e altri sono sopra altre e altre simili frascarie….Qua digiunano, qua smagriscono, qua intisichiscono…."
Indubitamente il Giordano Bruno, ha tra i massimi autori italiani “una certa inclinazione alla scorrettezza, ed una certa ripugnanza dalla troppa forbitura” ma egli nelle sue opere dimostra, sostiene Arturo Graf di avere appunto uno stile, e cito “dovecchè non riuscirono a formarselo parecchi di quel secolo aureo, nemmeno alcuni che la Crusca annovera tra suo’ eletti” .
Terenzio Mamiani scrive nel 1859 “Chi nota l’abilità del Bruno a dipingere gli umani costumi, e a dar rilievo al ridevole e al comico delle persone e delle cose, viene in pensiero di stimarlo un ingegno singolarmente poetico e satirico, formato a scrivere drammi e poemi”.
Ed è per questo motivo che passo a parlare di un altro aspetto della scrittura della commedia: c’è UN’APERTURA ALLA RICERCA SPERIMENTALE, una ricerca rivolta verso tutte le direzioni possibili che parte dal rifiuto, che il Bruno applica con una certa violenza, alle tendenze chiuse in una sorta di letteratura pura che non tende alla ricerca e all’espressione della verità e qui si torna a parlare dell’antipetrarchismo bruniano ben rappresentato nel personaggio di Bonifacio, deriso e sbeffeggiato da tutti.
Nel famoso Proprologo in apertura dell’opera c’è una ripresa della polemica bernesca e aretiniana contro il petrarchismo e qui nel Candelaio opera certamente sperimentale viene espressa con un’estrema irruenza linguistica.
"Vedrete in un amante suspir, lacrime, sbadacchiamenti, tremori, sogni, rizzamenti, e un cuor rostito nel fuoco d'amore; pensamenti, astrazioni, colere, maninconie, invidie, querele, e men sperar quel che più si desia. Qui trovarrete a l'animo ceppi, legami, catene, cattività, priggioni, eterne ancor pene, martiri e morte; l'archiero faretrato, cieco e ignudo; L'oggetto poi del core, un cuor mio, mio bene, mia vita, mia dolce piaga e morte, mia nemica, mia dolce guerriera, versaglio sol di tutti i miei pensieri, crudo cuore, salda colonna, dura pietra, petto di diamante, dio, nume, poggio, riposo, speranza, fontana, spirto, tramontana stella, ed un bel sol ch'a l'alma mai tramonta." (Proprologo)
Assistiamo ad un capovolgimento dell’iconografie e del linguaggio sentimentale del Petrarca e dei petrarchisti in un’opera di accumulazione, al di fuori di ogni preoccupazione semantica delle formule del linguaggio petrarchesco svuotate di sentimento e di ogni decoro fino ad arrivare all’accostamento grottesco, al gioco di parole, all’ammicco dell’equivoco osceno, svariati accenni di irriverenza religiosa, mi riferisco alla descrizione dell’attività della ruffiana Lucia scritta con lo stesso linguaggio e struttura di una litania religiosa appunto!
"Vedrete in un amante suspir, lacrime, sbadacchiamenti, tremori, sogni, rizzamenti, e un cuor rostito nel fuoco d'amore; pensamenti, astrazioni, colere, maninconie, invidie, querele, e men sperar quel che più si desia. Qui trovarrete a l'animo ceppi, legami, catene, cattività, priggioni, eterne ancor pene, martiri e morte; l'archiero faretrato, cieco e ignudo; L'oggetto poi del core, un cuor mio, mio bene, mia vita, mia dolce piaga e morte, mia nemica, mia dolce guerriera, versaglio sol di tutti i miei pensieri, crudo cuore, salda colonna, dura pietra, petto di diamante, dio, nume, poggio, riposo, speranza, fontana, spirto, tramontana stella, ed un bel sol ch'a l'alma mai tramonta." (Proprologo)
Assistiamo ad un capovolgimento dell’iconografie e del linguaggio sentimentale del Petrarca e dei petrarchisti in un’opera di accumulazione, al di fuori di ogni preoccupazione semantica delle formule del linguaggio petrarchesco svuotate di sentimento e di ogni decoro fino ad arrivare all’accostamento grottesco, al gioco di parole, all’ammicco dell’equivoco osceno, svariati accenni di irriverenza religiosa, mi riferisco alla descrizione dell’attività della ruffiana Lucia scritta con lo stesso linguaggio e struttura di una litania religiosa appunto!
Qui in questo passo del Proprologo e in tutto il brano c’è proprio una sfrenata rivolta contro ogni ordine, ogni convenzione letteraria, grammaticale, semantica, religiosa. C’è quindi, e qui si torna all’inizio, l’opposizione di un linguaggio popolaresco e volgare al linguaggio selezionato della codificazione petrarchesca compiuta dal Bembo e alla lingua latina, oramai morta da tempo e tenuta in vita solo dalla chiesa, come ha scritto di recente un noto studioso.
Per concludere.....questa è una storia di Diavolesse alla riscossa che si sono dipinte di rosso il corpo per scrivere e poter finalmente parlare in scena, alla maniera dei comici.
La storia infinita continua nelle prossime puntate!
Vi ripostiamo qui di seguito un articolo apparso circa un anno fa sul sito WWW.ALTRITALIANI.NET
L’AVVENTO DI OGNI NASCITA NECESSARIa
Un’originale adattamento del “Candelaio” di Giordano Bruno
sabato 15 ottobre 2011 di , ,
Il libero avvento di ogni nascita necessaria scriverebbe Pirandello a proposito della commedia “Candelaio” di Giordano Bruno.
Una creazione artistica spontanea, una trasposizione teatrale della sua vita, del suo pensiero, un’immagine di candela che - come scrive nella dedica alla Signora Morgana - «deve illuminare certe ombre delle idee».
Una creazione artistica spontanea, una trasposizione teatrale della sua vita, del suo pensiero, un’immagine di candela che - come scrive nella dedica alla Signora Morgana - «deve illuminare certe ombre delle idee».
Un’immagine di sé e del mondo che si manifesta già nel titolo: “Candelaio, comedia del Bruno nolano, academico di nulla academia, detto il fastidito. In tristitia hilaris, in hilaritate tristis”.
- Locandina dello spettacolo di Angela Antonini e Paola Traverso «CANDELAIO» di Giordano Bruno
Angela Antonini e Paola Traverso hanno realizzato un’originale sintesi drammaturgica del Candelaioche vede in scena una sola attrice, Angela Antonini, alle prese con diciannove personaggi dell’opera. La chiave registica dello spettacolo ha un sapore cabarettistico, da vaudeville parigino; una scatola sonora da cui escono fuori i personaggi disegnati dalla fantasia delle due drammaturghe che traducono a loro modo il concetto di trasformismo. L’attrice utilizza la sottolineatura delle accentuazioni e le inflessioni dialettali discoprendo al pubblico le infinite variazioni musicali del testo. Il ritmo incalzante, la successione delle parole, le sinonimiche, la sintassi, si pongono come la partitura di una composizione sinfonica, dove la bravura dell’interprete sta nel tocco della corda o nella pressione dei tasti, talora leggero, talvolta veemente.
La prima volta che abbiamo letto il Candelaio ci siamo trovate davanti ad un drammaturgo di rara foggia, che usa la lingua con una libertà che pochi autori hanno rivendicato così radicalmente. Un fiume in piena che si arricchisce di mille affluenti, dove la particolarità della punteggiatura indica un’autonomia dal linguaggio costituito, il suo «argumentare» è intriso di passione, si percepisce la partecipazione corporea dell’autore nell’atto fisico della scrittura. Hanno bruciato il suo corpo, perché è dal corpo che nasce il pensiero. Senza passionalità, senza «Furore», specifica l’autore, non vi è possibilità di conoscenza, di verità.
La commedia si apre con una serie irresistibile di entrate e uscite, fughe dal palcoscenico, personaggi che non si sentono pronti ad entrare in scena.Il primo a presentarsi al pubblico è un insolito personaggio Il Libro. Afferma di essere nudo e noi abbiamo pensato alla realtà di un neonato.
- Una scena dello spettacolo «CANDELAIO» di Giordano Bruno. Nella foto l’attrice Angela Antonini.
Il Capocomico è ubriaco, la Prima Attrice ha il mal di matree l’attore che recita l’Antiprologo è affamato. Viene letteralmente lanciato in scena dalle quinte il personaggio del Proprologo costretto, nella sua timidezza sconcertante, a presentare l’autore e così il servo di scena, il Bidello, da inizio alla comica rappresentazione.
Il Candelaio è un’opera teatrale scritta presumibilmente di getto in quindici giorni non appena il Filosofo giunse a Parigi, nel 1582 e pubblicata nello stesso anno. Bruno sceglie di scriverla in volgare perché era la lingua viva, più vicina a quelli cui voleva far conoscere il suo pensiero, al mondo, agli uomini, alle donne, agli esclusi dalla cultura, fuori e dentro le accademie, a coloro che per studiare dovevano passare per i Conventi e rinunciare alla vita.
Bruno aveva appena proposto al mondo il De Umbris Idearum, un’opera dell’arte della memoria che racchiude in sé anche i fondamenti teorici della sua nova filosofia e già presentiva le reazioni del mondo culturale ed ecclesiastico.
Accusato di eresia, nel 1576, era stato costretto a lasciare il convento napoletano di S. Domenico e fuggire a Roma, e di lì a poco, dopo aver girovagato nudo come un Bia, aveva lasciato l’Italia passando per Lione, Ginevra alla volta di Tolosa. Approdò finalmente a Parigi, invitato dal re di Francia Enrico III. La tappa parigina rappresenta un apice nella “carriera” di Bruno, il re lo nomina lettore straordinario del prestigioso Collège Royal che accoglieva poeti, filosofi e scienziati, dove si respirava una maggior libertà e una concezione non dogmatica del sapere.
La fuga dalla vita del Convento di S. Domenico, la rivolta radicale alla chiesa cattolica, la denuncia di un mondo capovolto, dell’ipocrisia dei petrarchisti con i loro versi sdolcinati, il rifiuto dello schematismo freddo dei puristi della lingua come il Bembo e lo Speroni, l’intera sua filosofia, sono lamateria, l’argumento di questa geniale creazione artistica.
Scritta in un volgare che non nasconde un carattere fortemente popolare, il Bruno attinge direttamente dai molteplici registri dialettali italiani: napoletano, fiorentino, veneziano, espressioni e proverbi di varie regioni settentrionali e meridionali che, verosimilmente, aveva avuto modo di sentire dai suoi giovani compagni di Convento e nel lungo peregrinare.
Non rinunciando alla vivacità del dialetto, tramite un napoletano che non è napoletano, Giordano Bruno dà vita e corpo ad un “italiano” che si oppone a coloro che volevano una lingua «classica e pura» separata dall’uso vivente, «bella ed imbalsamata», «ben rinchiusa e coperchiata nel dizionario della Crusca» e che imposero il Petrarca e il Boccaccio come modelli inviolabili quanto la Bibbia, istituendo un vero e proprio «Concilio di Trento della lingua», come ha messo ben in risalto il De Sanctis nella sua Storia della Letteratura Italiana.
La questione linguistica nasconde una lotta molto aspra, fondamentale per quello che di più profondo rappresenta il linguaggio per gli esseri umani.
La varietà, i colori, le mille sfumature sonore che hanno i dialetti sono libertà espressiva, che permette di comunicare con forza, immediatezza, spontaneità un pensiero. Sottrarre, ridurre, abolire le possibilità espressive conduce a uno svuotamento della lingua quindi dell’espressione poetica, ed impedisce di portare nel linguaggio tutte le sfumature del sentire umano, lasciando l’uomo nell’ignoranza e nell’impossibilità della conoscenza.
Abbiamo trovato conferma delle nostre sensazioni in ciò che sostiene Barberi Squarotti, quando dice che il linguaggio di Bruno «prefigura la materia in movimento infinito», «una concezione plastica della lingua» opposta agli schemi letterari codificati.
«Rappresenta l’avvio necessario a quella assoluta libertà di costruzione della lingua», afferma ancora lo studioso, «costituendo il punto d’arrivo di tutta una serie di tentativi e prove cinquecentesche».- Una scena dello spettacolo «CANDELAIO» di Giordano Bruno. Nella foto l’attrice Angela Antonini. Foto di Danilo Renzulli.
In un recente articolo sul settimanale Left, scrive in proposito Massimo Fagioli:
«L’altro, Bruno aveva, come dissi mesi fa quando fu recitato Il Candelaio, scritto parole che, rappresentando immagini, diceva esplicitamente che il latino era una lingua morta da tempo, tenuta artificialmente dalla chiesa cattolica. Denunciando l’antica morte disse che, con la scoperta dell’America e Copernico, l’uomo aveva visto il movimento».
«L’altro, Bruno aveva, come dissi mesi fa quando fu recitato Il Candelaio, scritto parole che, rappresentando immagini, diceva esplicitamente che il latino era una lingua morta da tempo, tenuta artificialmente dalla chiesa cattolica. Denunciando l’antica morte disse che, con la scoperta dell’America e Copernico, l’uomo aveva visto il movimento».
Quel movimento infinito che Bruno aveva intuito, tema centrale e fulcro di tutta la sua riflessione filosofica, in continua e netta contrapposizione alla visione tolemaica/aristotelica fissa ed immobile. Un universo infinito e una vita/materia in continua mutazione che implica il movimento continuo della realtà non materiale dell’uomo: il pensiero.
E’ proprio attraverso lo sguardo dell’artista Gioan Bernardo che Bruno da vita, nel Candelaio, ad un particolare processo di svelamento della verità: il teatro, la commedia. Quasi a suggerire che è l’ artista che arriva dritto al cuore della conoscenza e tocca con mano la verità. Possiamo raccogliere dalle parole del Candelaio lo stimolo per una riflessione sul ruolo degli artisti. Non viene riconosciuta né al commediografo, né tantomeno all’attore, la capacità di proporre un pensiero che apra nuove e diverse possibilità di conoscenza ai canonici e consolidati percorsi culturali. Quello dell’attore, del drammaturgo, è un processo di ricerca altrettanto autorevole dove è centrale l’idea della rappresentazione e l’esperienza sensibile con il pubblico. E’ di fatto il pittore Gioan Bernardo che separa il vero dal falso e lo fa per restituire la libertà di amare ed essere amata alla “bella imbalsamata” di nome Carubina.
L’autore del Candelaio è indubbiamente un grande artista, drammaturgo geniale quanto il filosofo. Lo sostengono con forza anche illustri studiosi come lo Spampanato, Giorgio Lafaye e Terenzio Mamiani: «Bruno è un perfetto autore comico che non aveva rivali al suo tempo». Il Candelaiorappresentò un’opera chiave per la successiva scena teatrale europea, preludio alle opere dei più grandi commediografi come Shakespeare, Molière, Goldoni, Rostand e persino al radicale sperimentalismo linguistico di Gadda e Joyce.
- Firma autografa di Giordano Bruno del 1588
Eppure il Carducci definì il Candelaio una commedia «volgarmente sconcia e noiosa sia pur di Giordano Bruno» e da molti viene considerata un’opera inferiore, grezza, ingenua, grossolana, provinciale e rozza – questi sono i termini! Strana coincidenza, anche il fiorentino Poliziano nel 1476 definiva con gli stessi termini la meravigliosa poesia della Scuola siciliana. Perché? Per un difetto di razza forse? O di…purezza della razza? L’eterno conflitto con il Sud? La profondità che contraddistingue gli scrittori meridionali, che non escludono dalle origini della nostra lingua, i mille suoni che ci sono giunti dal mondo arabo? E se ci fosse anche l’intenzione dell’autore di restituire la commedia al teatro popolare dopo l’ “appropriazione indebita” della più che religiosa Comedia…Divina?
In occasione della lettura del Candelaio nella libreria romana Amore e Psiche, lo scorso 19 febbraio, così chiude l’incontro lo psichiatra Massimo Fagioli: «A monte ci sarebbe il filosofo, con questa storia dell’infinito, di aver portato l’apeiron al mondo invece che alla trascendenza».
Leda di Paolo, Paola Traverso e Angela Antonini
Bibliografia
Giordano Bruno
- Candelaio a cura di Vincenzo Spampanato, Laterza, Bari, 1909
-Opere italiane, voll. 1 e 2, testi critici di G. Aquilecchia, coordinamento di Nuccio Ordine, Utet, Torino 2006
- Gli anni napoletani e la ’peregrinatio’ europea, Immagini- Testi - Documenti, a cura di Eugenio Canone, «Seminario di Studi su Fonti e motivi dell’opera di Giordano Bruno» Università degli Studi, Cassino, 1992
- Candelaio a cura di Vincenzo Spampanato, Laterza, Bari, 1909
-Opere italiane, voll. 1 e 2, testi critici di G. Aquilecchia, coordinamento di Nuccio Ordine, Utet, Torino 2006
- Gli anni napoletani e la ’peregrinatio’ europea, Immagini- Testi - Documenti, a cura di Eugenio Canone, «Seminario di Studi su Fonti e motivi dell’opera di Giordano Bruno» Università degli Studi, Cassino, 1992
Giorgio Barberi Squarotti,
-Bruno e Folengo in,«Giornale storico della Letteratura Italiana», 1958, CXXXV, pp. 51-60
-Per una descrizione e interrpretazione della poetica di Giordano Bruno, in «Studi Secenteschi», I, 1960, pp.39-59
-Bruno e Folengo in,«Giornale storico della Letteratura Italiana», 1958, CXXXV, pp. 51-60
-Per una descrizione e interrpretazione della poetica di Giordano Bruno, in «Studi Secenteschi», I, 1960, pp.39-59
Nino Borsellino, Rozzi e Intronati, esperienze e forme di teatro dal Decameron al Candelaio, Bulzoni, Roma, 1974
Michele Ciliberto,
- Introduzione a Bruno, Laterza, Roma-Bari, 2003
- Giordano Bruno. Il Teatro della vita, Mondadori, Milano 2007
- La ruota del tempo, interpretazione di Giordano Bruno, Editori Riuniti, Roma, 2000
- Introduzione a Bruno, Laterza, Roma-Bari, 2003
- Giordano Bruno. Il Teatro della vita, Mondadori, Milano 2007
- La ruota del tempo, interpretazione di Giordano Bruno, Editori Riuniti, Roma, 2000
Giovanni Aquilecchia, «L’adozione del volgare nei dialoghi londinesi di Giordano Bruno», in «Cultura neolatina»,XIII, 1953, pp. 165-89
Francesco De Sanctis, Storia della letteratura Italiana, Torino, BUR, 2009
Massimo Fagioli,
- L’oscurità e il nero, in «Left», n.27 8 luglio 2011
- Venti secondi in «Left» n° 13, 1 aprile 2011
- L’Ombra di Bruno: l’uomo tra finito e infinito – incontro con Michele Ciliberto - Roma, libreria Amore e Psiche, in «Il sogno della Farfalla, rivista di psichiatria e psicoterapia», n.2, 2008, pp.10-38
-Lettura del Candelaio di Giordano Bruno – Roma, Libreria Amore e Psiche, 19 Febbraio 2011 – riprese prodotte da Associazione culturale Amore e Psiche - realizzazione tecnica Mawivideowww.mawivideo.it
- L’oscurità e il nero, in «Left», n.27 8 luglio 2011
- Venti secondi in «Left» n° 13, 1 aprile 2011
- L’Ombra di Bruno: l’uomo tra finito e infinito – incontro con Michele Ciliberto - Roma, libreria Amore e Psiche, in «Il sogno della Farfalla, rivista di psichiatria e psicoterapia», n.2, 2008, pp.10-38
-Lettura del Candelaio di Giordano Bruno – Roma, Libreria Amore e Psiche, 19 Febbraio 2011 – riprese prodotte da Associazione culturale Amore e Psiche - realizzazione tecnica Mawivideowww.mawivideo.it
Nuccio Ordine,
La soglia dell’ombra. Letteratura, filosofia e pittura in Giordano Bruno, Marsilio Ed., Venezia, 2003
La soglia dell’ombra. Letteratura, filosofia e pittura in Giordano Bruno, Marsilio Ed., Venezia, 2003
Anna Laura Puliafito Bleuel, Comica pazzia, Vicissitudine e destini umani nel Candelaio di Giordano Bruno, Olschki Ed. ,Firenze, 2007
Pasquale Sabbatino, A l’Infinito m’Ergo Giordano Bruno e il volo del moderno Ulisse, Olschki Ed. ,Firenze, 2003
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